Prosegue la fame di dollari americani, che torna al pari del marzo 2020 periodo di esplosione della pandemia, che ha spinto nel panico i mercati mondiali e dove gli operatori compravano solo e soltanto dollari. Dollaro index oramai ha superato la soglia di 103 e ha sfiorato la resistenza di 103.80, livelli chiave che dobbiamo ricercare nel lontano 2017, mostrando un rally che potrebbe essersi spinto in eccessi ora meritevoli di respiri, che non sono da intendersi come inversioni di trend, in quanto fino all’appuntamento con la FED sarà difficile trovare debolezza di dollari, ma storni costruttivi, atti a dare struttura ad un mercato rialzista di dollari usa. Tutte le majors si sono mosse in ovvia correlazione dollaro centrica con eurusd sui minimi del 2017 a 1.0450, che potrebbe essere area target per il momento, dove vedere respiri di biglietto verde e conseguenti storni di eurusd, ma la debolezza della moneta unica, spinta a ribasso dalla politica attendista della BCE dalle incertezze legate al conflitto in Ucraina, potrebbe vedere affondi fino ai minimi di 1.0350 livelli oltre i quali la parità non sarebbe più un tabù. Anche gbpusd in forte ribasso, sia per i timori di una congiuntura macro in forte crisi con la BOE che ha effettuato già 3 rialzi tassi, un’inflazione che non accenna a calare, e la domanda che inizia a soffrire le scelte di una politica economica aggressiva, in aggiunta alla già richiamata forza del biglietto verde che ha spinto pertanto il cable ai minimi di 1.25 figura, portando il 90% dei traders retail a cercare occasioni di mean reverting, con acquisti che sono partiti da 1.35. anche in questo caso gli eccessi sono chiari e tentativi di accodarsi alla maggioranza dei trader long, potrebbe non essere cosi sbagliata, ma creando struture di trading, che ci proteggano in caso di ulteriori ribassi che potrebbero estendersi fino alle aree di 1.24 prima e 1.21 poi. La forza del biglietto verde si evince in modo particolare contro lo yen, anche grazie all’intervento di stanotte della BOJ, che non solo ha lasciato invariato i tassi di interesse, ma ha anche confermato la volontà di contenere i tassi di interesse del debito sovrano entro lo 0.25%, procedendo ad acquisti illimitati di obbligazioni, e dando chiaro segnale di una politica iper accomodante, che va alla ricerca di un’inflazione che sembra appartenere esclusivamente al mondo occidentale, pertanto usdjpy vola alla soglia di 131.00 , proiettandosi verso i massimi di 135.25 con il 79% di traders retail in posizione contrarian short oramai da oltre 30 figure. La forza del dollaro americano riflette timori chiari anche nel comparto equity, con gli indici americani che faticano a recuperare una struttura a massimi e minimi crescenti, rimanendo confinati in un trend discendente che al momento lascia poco spazio alle speranze di rivedere nuovi massimi, e che seppur supportati da discreti dati sugli earning delle maggiori aziende americane, sembra orami prezzare le prospettive future di un rallentamento economico che non da fiducia in rendimenti migliori degli attuali. il nasdaq come l’S&P dopo aver raggiunto i minimi di questo 2022 sembrano voler prendere fiato, uno storno dovuto, dopo il pessimo mese di aprile che stanno mettendo a segno, preludio forse ad un’inversione di lungo periodo nelle prospettive degli investitori. Attesi per oggi pomeriggio i dati del PIL usa relativo al 1°trimestre 2022 atteso ad un +1.1%, in netto rallentamento quindi rispetto al +2.3% del Q3 del 2021 e al +6.9% del Q4 del 2021, segnale che gli analisti non hanno rosse prospettive per questo 2022, che potrebbe veder reale declino nella congiuntura macro americana a partire dal Q2 di quest’anno anche a seguito delle politiche intraprese dalla FED.
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