Negli Usa anche i prezzi all’import, -1,5% a luglio, segnalano calo inflazione. Primi segnali di ripresa della fiducia dei consumatori americani. Mercati azionari ancora su’: prevale l’ottimismo sulle preoccupazioni. Scendono ancora i prezzi del petrolio, ma non quelli del gas europeo.
Il rallentamento dei prezzi alla produzione (PPI) ed al consumo (CPI) a luglio negli Stati Uniti ha fatto proseguire, venerdi’ 12, il rialzo dei principali listini azionari. I maggiori indici azionari europei sono saliti, toccando i massimi da meta’ giugno, ma anche Wall Street ha chiuso la quarta settimana consecutiva di rialzo, con ampi progressi: Dow Jones +1,3%, S&P500 +1,7% e Nasdaq +2,1%.
Siamo dunque arrivati a Ferragosto, giorno di banche e mercati chiusi in Italia, ben sopra livelli che nessuno osava sperare a inizio estate: dal minimo del 14 giugno, il Nasdaq ha recuperato oltre +24% e l’S&P500 +15%, soprattutto per la crescente convinzione che, almeno negli “States”, la fase piu’ acuta dell'inflazione sia stata a giugno.
Ieri, 15 agosto, anche i prezzi all'importazione, dopo quelli al consumo e quelli alla produzione, sono scesi materialmente su base mensile: -1,4% rispetto a giugno, facendo dunque meglio delle attese di un calo del -1%, segnado il maggior ribasso dal 2020, il mese del crollo fino a quasi zero dei prezzi di petrolio e gas.
Tra l’altro, sempre negli Usa, si rileva, dopo mesi di declino, un recupero della fiducia dei consumatori: ad agosto, l'indice “preliminare” (una seconda lettura sara’ a fine mese) dell'Universita’ del Michigan è risalito a 55,1 punti, da 51,5 di luglio: ancor piu’ interessante e’ che le aspettative future siano salite da 47,3 a 54,9, mentre la situazione attuale e' peggiorata da 58,1 a 55,5.
Tra coloro che non vogliono dare troppo credito ai “segnali di rientro” dell'inflazione negli Usa troviamo diversi rappresentanti di peso della Banca Centrale americana (Federal Reserve, FED) che descrivono come necessari e irrinunciabili nuovi rialzi dei tassi di interesse nella restante parte dell’anno 2022.
Ad esempio, la scorsa settimana, Thomas Barkin, Presidente della FED regionale di Richmond, ha detto in un’intervista alla rete televisiva CNBC che tassi di interesse piu’ elevati di quelli attuali saranno necessari finché l'inflazione non tornerà al +2%.
Il dilemma degli analisti, ed alla fine dei mercati, riguarda proprio il sottile equilibrio tra la svolta restrittiva delle banche centrali per contastare l’inflazione e la resistenza dell’economia ad un rapido deterioramento delle condizioni finanziarie, cioe’ della difficolta’ di accedere e dell’onerosita’ del debito.
Chi vivra’ vedra, ma e’ facile osservare nella curva forward dei tassi Usa che nel 2023 non si prevedono altri rialzi.
Il recente riaccendersi dei contrasti tra Cina e Stati Uniti sulla questione Taiwan sta intanto determinando misure ritorsive da parte delle autorita’ di Pechino.
Non e’ una coincidenza che 5 gruppi cinesi quotati a Wall Street abbiano annunciato il ritiro contemporaneo dalla quotazione in Usa: tra di esse i colossi energetici Sinopec e di una sua controllata, poi PetroChina, la compagnia di assicurazione China Life ed il produttore di alluminio Chalco.
Sempre sul fronte cinese, si registrano novita’ incoraggianti per gli operatori immobiliari: il Governo cinese, attraverso l’Authority di settore, ha incaricato la China Bond-Insurance, a controllo statale, di facilitare l’emissione di garanzie sui prestiti obbligazionari onshore (sul mercato domestico) di alcuni sviluppatori immobiliari privati cinesi.
Poche notize, nel weekend piu’ “festivo dell’estate”, sul versante macro europeo, ma quelle poche parlano di crisi energetica tedesca sempre piu’ acuta e rischio recessione dato sempre piu’ probabile in autunno per Francia, Italia e Germania.
Attenzione molto elevata, nel pomeriggio di oggi, alla pubblicazione in Germania dell’indice Zew di luglio, una misura della fiducia degli investitori professionali sulla prospettiva dell’economia tedesca.
Fuori dell’Unione europea, si e’ registrato, nel Regno Unito, il calo del -0,1% del GDP (prodotto interno lordo), nel 2’ trimestre.
Le attese di rallentamento della crescita economica globale deprimono, con ricadute positive per l’inflazione, i prezzi di molte materie prime, compreso il petrolio, tornato sotto 90 Dollari/barile: WTI -0,7% a 88,7 Dollari (ore 13.30 CET).
L’offerta petrolifera, a detta di esperti del settore, potrebbe aumentare, grazie al crescente export libico ed alla prospettiva di aumento di greggio iraniano se verra’ trovato un accordo sul “programma nucleare” del Paese.
Qualche novita’ sul mercato obbligazionario: lo spread differenziale di rendimento tra BTP decennale italiano benchmark e l’omologo Bund tedesco risale, pur senza fattori specifici, a +216 punti base, dai 203 di venerdi’ 12, col rendimento del BTP benchmark a +3,16% da +3,00% di venerdi’ 12.
Stamattina, 16 agosto, le principali Borse asiatiche hanno chiuso contrastate, insensibili all’inaspettato marginale taglio dei tassi da parte della Banca Centrale Cinese, figlio della paura di Pechino di un rallentamento dell'economia.
Nikkei giapponese invariato, CSI300 e Shenzhen -0,2%, Hang-Seng di Hong Kong -1,1% e ASX australiano +0,6%, nel giorno in cui il leader minerario mondiale BHP ha annunciato il maggior profitto di sempre in un semestre (1’ semestre 2022).
Borse europee e futures Usa poco mossi a fine mattinata (ore 13.30 CET).
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